Skip to main content

La Toscana dice no, con l’assessora Monni: «I piccoli reattori modulari di cui parlano non esistono»

Via libera dalla Conferenza unificata al ddl sul nucleare, il Governo investe già in comunicazione

Onufrio (Greenpeace): «I soldi per la propaganda sul nucleare sono gli unici che mi pare siano stanziati dal Governo, è uno scandalo»
 |  Nuove energie

La seduta odierna della Conferenza unificata, che riunisce il Governo centrale insieme a Regioni ed Enti locali, ha espresso parere positivo in merito allo schema di legge delega per lo sviluppo del “nuovo nucleare sostenibile” approvato dal Governo a febbraio. Il provvedimento punta a definire un quadro normativo organico per tornare a produrre in Italia energia nucleare da fissione, immaginando anche l’arrivo delle tecnologie per il nucleare da fusione nei prossimi decenni.

«Ora il testo sarà trasmesso rapidamente al Parlamento, per avviare un percorso molto atteso, che può dare all’Italia l’opportunità di sviluppare un’energia sicura, pulita, innovativa e orientata alla decarbonizzazione», sostiene il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto. Il percorso è in realtà appena agli inizi: secondo lo stesso ministro, il quadro legislativo non sarà pronto prima di fine 2027 – ovvero dopo le prossime elezioni politiche –, mentre Governo e Confindustria prospettano che i primi impianti del “nuovo nucleare” saranno pronti non prima della metà del prossimo decennio.

Si tratta dei piccoli reattori modulari (Smr), di cui al momento esistono solo 3 impianti sperimentali in Russia e Cina; se mai diverranno una tecnologia commercialmente disponibile, il piano è quello di installare 0,4 GW di Smr attorno al 2035, per arrivare infine al 2050 con complessivi 7,6 GW di nucleare da fissione e 0,4 GW da fusione (quest’ultima, un’opzione tecnologica realmente innovativa ma ancora molto lontana dal potersi concretizzare). A confronto, solo nel corso del 2024 l’Italia ha installato 7,48 GW di nuovi impianti rinnovabili.

È dunque evidente come quella sul nucleare sia una roadmap che, in ogni caso, per almeno i prossimi decenni non potrà contribuire ad affrontare il problema del caro energia in corso adesso, a tutto vantaggio dei combustibili fossili attualmente impiegati, a partire dal gas d’importazione.

Nel frattempo, alcune Regioni già si smarcano con decisione dalla prospettiva del ritorno nucleare: nella seduta della Conferenza unificata di oggi, le Regioni hanno espresso parere favorevole a maggioranza, sottolineando la necessità di un maggiore coinvolgimento delle Regioni nella definizione degli atti normativi seguenti. Il sì condizionato manifestato dalla Conferenza «richiede infatti che dovrà essere trovata l’intesa tra Governo e Regioni sui successivi decreti legislativi attuativi», come informa una nota della Conferenza stessa, dove invece hanno espresso parere negativo sul testo le Regioni Sardegna, Toscana e Umbria.

«I piccoli reattori modulari di cui parlano non esistono – attacca l’assessora toscana all’Ambiente, Monia Monni – Sono progetti, non soluzioni. Una retorica vuota, utile solo a spostare fondi pubblici e alimentare l’illusione di una scorciatoia. Nel frattempo, la transizione alle rinnovabili avanza senza un quadro normativo adeguato. Il Governo non ha costruito una regia pubblica, non ha offerto strumenti di pianificazione, non ha garantito equità. Ha lasciato tutto nelle mani del mercato. Il risultato è che si sono generate distorsioni, conflitti, sentimenti ostili nelle comunità. E così la transizione, oltre che lenta, rischia di diventare ingiusta. Il nucleare non è flessibile, non garantisce indipendenza, non si integra con le rinnovabili. È una tecnologia del passato, rilanciata per concentrare potere e rallentare il cambiamento. Noi vogliamo l’opposto. Una transizione governata, giusta, democratica. Con le persone, non contro di loro. Con l’energia pulita, non con le scorie».

A prescindere al parere in Conferenza unificata, è utile ricordare che anche Regioni governate dal centrodestra hanno già espresso netta contrarietà all’installazione di eventuali centrali nucleari nel proprio territorio, come votato (all’unanimità) dal Consiglio regionale del Veneto lo scorso dicembre; del resto il 91% degli italiani non vorrebbe una centrale nucleare vicino casa. Lo stesso Governo non sta riuscendo a localizzare l’unica infrastruttura nucleare davvero utile al Paese, il Deposito unico nazionale per i rifiuti radioattivi, la cui realizzazione rappresenta peraltro un obbligo di legge.

In compenso sembra già partita in pieno la grancassa della comunicazione istituzionale a favore del nucleare, come testimonia la pagina realizzata da La Repubblica “in collaborazione con Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica”. Si tratta della linea editoriale di Repubblica? O di un investimento pubblicitario del ministero? Entrambe sarebbero opzioni legittime nel caso fossero esplicitate, ma così non è.

«I soldi per la propaganda sul nucleare sono gli unici che mi pare siano stanziati dal Governo. È uno scandalo: nessun vero dibattito pubblico, numeri sui costi degli Smr senza base e senza trasparenza», commenta nel merito a greenreport Giuseppe Onufrio, fisico di formazione e direttore generale di Greenpeace Italia, che ha recentemente documentato sulle nostre colonne l'inarrestabile declino del nucleare a livello globale (dove già oggi gli investimenti sulle rinnovabili sono 10 volte maggiori di quelli sull'atomo).

Secondo il Governo lo scenario italiano con nucleare sarebbe in grado di raggiungere l’obiettivo “Net Zero” con un risparmio di circa 17 miliardi di euro (al 2050) rispetto al costo di uno scenario senza nucleare, ma non ha mai esplicitato la metodologia con cui è arrivato a calcolare questo scarto, rifiutando gli appelli al confronto arrivati dal network 100% rinnovabili composto da scienziati e ambientalisti. I dati disponibili a livello internazionale, da quelli della banca d’affari Lazard all’agenzia governativa australiana Csiro fino all’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) mostrano che i costi delle rinnovabili sono e si manterranno più bassi rispetto al nucleare.

Nel frattempo, le sindromi Nimby e Nimto frenano lo sviluppo delle rinnovabili nel nostro Paese, a partire dal Governo che ha fatto ricorso al Consiglio di Stato sulle aree idonee per la localizzazione degli impianti. Ma di investimenti in informazione e comunicazione istituzionale per spiegare l’utilità della transizione ecologica grazie alle fonti pulite non c’è traccia: il Mase sembra finanziare solo quella sul nucleare.

Come del resto documenta il recente report dell'International panel on the information environment (Ipie) sull'integrità dell'informazione in materia di cambiamento climatico «la risposta umana alla crisi climatica è ostacolata e ritardata dalla produzione e dalla diffusione di informazioni fuorvianti sulla natura dei cambiamenti climatici e sulle soluzioni disponibili. I risultati di questo studio indicano che attori potenti, tra cui aziende, governi e partiti politici, diffondono intenzionalmente narrazioni inaccurate o fuorvianti sul cambiamento climatico antropogenico. Queste narrazioni circolano attraverso canali di comunicazione digitali, radiotelevisivi e interpersonali. Il risultato è un calo della fiducia dell'opinione pubblica, un indebolimento del coordinamento politico e un circolo vizioso tra negazionismo scientifico e inazione politica». Il tutto a vantaggio degli attuali protagonisti dell’economia globale, i combustibili fossili.

«Forse gli autori di certe narrazioni hanno paura della realtà (o quanto meno la realtà non fa loro comodo) e ne costruiscono una tutta loro – commenta Antonello Pasini, climatologo e primo ricercatore del Cnr –, ovviamente guidata dalla propria ideologia».

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.