Oltre Trump c’è un mondo ancora verde: le rinnovabili stanno diventando la prima fonte di elettricità
Mentre Donald Trump continua la sua crociata contro pale eoliche e pannelli fotovoltaici entro i patri confini – minacciando lo stop a ogni nuova autorizzazione – e ha convinto l’Ue a firmare un impegno ad acquistare 750 miliardi di dollari in tre anni di combustibili fossili e nucleari a stelle e strisce, una cifra tanto alta da essere altamente improbabile da poter rispettare, l’avanzata dell’economia verde rallenta ma non si ferma per un semplice motivo: conviene.
Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dell’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) sull’andamento del comparto elettrico, l’Electricity mid-year update 2025, a livello globale la produzione di elettricità da carbone «sarà superata da quella da fonti rinnovabili già nel 2025 o al più tardi entro il 2026», rendendo le rinnovabili la prima fonte di elettricità al mondo. Di conseguenza «si prevede che le emissioni globali di anidride carbonica derivanti dalla produzione di energia elettrica raggiungeranno un plateau quest'anno, con un leggero calo previsto nel 2026, poiché le fonti a basse emissioni sostituiranno l'approvvigionamento da combustibili fossili». L'energia solare fotovoltaica ed eolica sono i principali motori di questa tendenza, con una quota combinata prevista nella produzione globale di elettricità in aumento dal 15% nel 2024 al 17% nel 2025 e a oltre il 19% nel 2026, rispetto al 4% di dieci anni prima.

Non è un caso se la guerra alla scienza di Trump sia arrivata fino ai vertici della Iea, con crescenti pressioni politiche per cercare di mettere in cattiva luce la crescita delle rinnovabili a discapito dei combustibili fossili. Pressioni politiche che rispondono a interessi economici che non è difficile individuare, e che pesano direttamente sulle tasche dei cittadini: «Nella prima metà del 2025 – documenta ancora la Iea – i prezzi all'ingrosso dell'elettricità nell'Unione europea e negli Stati Uniti sono aumentati del 30-40% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, in gran parte a causa dell'aumento dei prezzi del gas naturale».
Per rispondere a questa tendenza occorre certamente investire di più e più rapidamente nelle fonti rinnovabili, ma non solo. Come argomenta Keisuke Sadamori, direttore Mercati energetici e Sicurezza della Iea, le rinnovabili devono essere accompagnate «da maggiori investimenti in reti, sistemi di stoccaggio e altre fonti di flessibilità per garantire che i sistemi energetici possano soddisfare la crescente domanda in modo sicuro e conveniente».
Già oggi il flusso degli investimenti nel comparto elettrico mostra la direzione da seguire, col solare in testa nel 2025 a 441 miliardi di dollari, seguito da reti (413 mld di dollari) ed eolico (242), che staccano di gran lunga carbone (82), nucleare (74), metano fossile (70), mentre dovranno crescere l’idroelettrico (70), ma soprattutto le batterie per lo stoccaggio dell’elettricità prodotta dalle rinnovabili (66).

Peccato che in simile contesto l’Italia marci in direzione ostinatamente contraria, dato che il Governo Meloni ha appena fatto slittare la 2038 la chiusura delle centrali a carbone italiane prevista per quest’anno. Nel frattempo, a luglio le rinnovabili hanno soddisfatto il 43,8% della domanda elettrica nazionale, ma nei primi sette mesi di quest’anno Terna registra -12,9% per i nuovi impianti fotovoltaici e -25,7% per quelli eolici, mentre il Governo ha deciso di non decidere sulle aree idonee facendo ricorso al Consiglio di Stato.
Continuando a questo ritmo, a fine anno le nuove installazioni di impianti rinnovabili rischiano di fermarsi ad appena 5,2 GW, meno dei 7,48 GW conseguiti l’anno scorso e meno della metà rispetto all’ammontare necessario per traguardare gli obiettivi europei recepiti dal Governo stesso.
Secondo quanto previsto dal decreto Aree idonee, al 2030 servono infatti 80.001 MW di nuova potenza considerando le installazioni realizzate a partire dal 2021. Un obiettivo lontano, dato che con le installazioni degli ultimi quattro anni il Paese ha raggiunto appena il 24,1% dell’obiettivo (19.297 MW di nuova potenza installata dal 2021 al 2024). Per colmare questo ritardo, snocciola Legambiente, l’Italia dovrà realizzare nei prossimi 5,5 anni 60.704 MW, pari ad una media di 11.037 MW l’anno.
Rallentare le installazioni significa limitare i benefici ambientali della transizione energetica, ma anche quelli economici. Le fonti rinnovabili stanno già abbassando il prezzo all’ingrosso dell’elettricità (che è una delle quattro principali componenti del costo in bolletta), e l’auspicio è che già dal 2026 le zone di mercato – tra le sette in cui già oggi è diviso il sistema elettrico italiano – in cui è più massiccia la presenza dei più economici impianti rinnovabili possano far valere questo vantaggio. A metterlo in chiaro è stato anche l’Ocse, per il quale «semplificare le procedure autorizzative ridurrebbe la dipendenza dal gas naturale e abbasserebbe i costi dell’energia», come anche la Commissione Ue, per la quale in Italia «l’elettricità da fonti rinnovabili deve diffondersi più rapidamente per aumentarne la quota nel mix energetico e contenere i prezzi. Un quadro legislativo per le autorizzazioni più trasparente e accessibile potrebbe accelerare l’implementazione».