Le rinnovabili in Italia rallentano mentre il Governo Meloni spinge sulla propaganda nucleare
Nuove centrali nucleari non si vedono all’orizzonte – nei fanta-piani di Governo e Confindustria i primi MW dovrebbero essere installati nel 2035 – ma la grancassa istituzionale fa più rumore che mai: a Roma è andato oggi in scena un doppio appuntamento sul tema, l’evento “La scossa” organizzato da Open con finanziamenti tra gli altri del ministero dell’Ambiente, e al contempo il convegno organizzato dall’Associazione italiana nucleare per propagandare le magnifiche sorti dell’energia dall’atomo.
«Il passaggio dal dibattito all’attuazione richiede una comunicazione chiara, inclusiva e basata su evidenze scientifiche – dichiara il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin – Il nucleare può contribuire in modo decisivo alla sicurezza energetica, alla competitività industriale e agli obiettivi climatici del Paese, ma solo attraverso un confronto trasparente con istituzioni, imprese, comunità scientifiche e cittadini. Oggi registriamo un dialogo sempre più informato e meno influenzato da interpretazioni semplificate o ideologiche, segno di una discussione pubblica in progressiva maturazione. Lavorare insieme – nel dialogo e nella responsabilità – significa creare le condizioni perché le scelte sul futuro energetico siano condivise, comprese e sostenibili».
A queste «condizioni» contribuisce non poco lo stesso esecutivo, che ha deciso di quadruplicare nel 2026 gli investimenti pubblici sull’informazione pro-nucleare. Tutto legittimo: se il Governo ritiene strategico tornare a produrre energia nucleare in Italia non è solo lecito, ma anche doveroso accompagnare questo percorso con investimenti in informazione e comunicazione istituzionale, certo sperando non si traducano in mera propaganda. Qualche dubbio c’è, dato che al contempo lo Stato sta stanziando zero euro per spiegare ai cittadini “sicurezza e sostenibilità” delle fonti rinnovabili, che peraltro sono le tecnologie più efficaci e rapide sia per abbattere il costo dell’elettricità sia per contrastare la crisi climatica con orizzonte 2030.
Lo stesso non si può dire per la fonte nucleare, come spiegato recentemente da uno studio Bankitalia, nonostante la propaganda governativa. «Ad oggi non c’è nessun reattore nucleare in costruzione né negli Usa né nella nucleare Francia, né tantomeno è in costruzione nessun “piccolo reattore modulare” (Smr) su cui punta il Governo Meloni – commenta la coalizione 100% Rinnovabili network, che unisce ambientalisti e accademici – Una analisi di recentissima pubblicazione sui costi dei principali progetti di Smr negli Stati Uniti, mostra che già “sulla carta” l’elettricità prodotta da questi futuribili reattori è molto più costosa di quella, già fuori mercato, dei reattori di generazione III+ come il nippo-americano AP1000». A confermarlo, da ultimo, anche il rapporto sugli Smr pubblicato ieri da Climate action network (Can) Europe.
Come già spiegato su greenreport dal già direttore di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio, secondo la Banca d’affari Lazard, il costo dell’elettricità prodotta dai due reattori AP1000 entrati in funzione nel 2023 è tra 169 e 228 dollari al Megawattora. Una recentissima analisi dei futuri costi dei principali progetti americani di Smr mostra come tutti i principali progetti presentino costi superiori a quelli dei nuovi AP1000. In particolare, il progetto NuScale, che è quello che da più tempo è in gestazione ed è l’unico ad aver avuto una prima autorizzazione di sicurezza negli Usa, produrrebbe, nel migliore dei casi, a circa 250 dollari al Megawattora e, nel peggiore, a 354 $/MWh.
Per un confronto, basti osservare che i nuovi “incentivi” – o meglio i meccanismi di stabilizzazione dei prezzi nel lungo periodo – appena definiti dal decreto Fer X sulle fonti rinnovabili prevedono un prezzo medio da 72,851 €/MWh per l’eolico e 56,825 €/MWh per il fotovoltaico, quando il prezzo nazionale all’ingrosso dell’elettricità (Pun Index Gme) veleggia a 111,04 €/MWh. Imprese e famiglie con le rinnovabili risparmiano, ma il Governo Meloni non le vuole. E infatti calano, stretti nella morsa tra disinformazione e ostacoli normativi sul fronte delle autorizzazioni: finora il 2025 mostra -10,6% di nuova potenza installata rispetto al 2024 e -2,5% di elettricità prodotta. Il tutto mentre la Spagna gode invece di prezzi elettrici tra i più bassi d’Europa e diminuisce la dipendenza da gas fossile, grazie alle rinnovabili.
Ecco perché la coalizione 100% Rinnovabili network ribadisce che «l’affermazione del Governo sui costi inferiori di uno scenario col nucleare è falsa: tale affermazione non è basata su alcuna analisi tecnica, né dati concreti sulle “nuove” tecnologie nucleari e risulta perciò una affermazione di fede ideologica totalmente priva di fondamento. Altro che “scossa”: il governo vuol metterci il prosciutto davanti agli occhi».